MAMUTHONES E ISSOHADORES

Mamoiada, nella sua tradizione, vanta un rito estremamente antico che si tramanda di generazione in generazione: quello dei Mamuthones e degli Issohadores. Nati in tempi antichissimi, come attori attivi nei riti pagani, le loro origini si perdono nella notte dei tempi; con il loro fascino e mistero sono sopravvissuti al logorìo del tempo. Il loro rito si manifesta in tutta la sua teatrale spettacolarità, per la prima volta dopo l’arrivo del nuovo anno, in occasione della festa di S.Antonio Abate, che si celebra il 17 gennaio, giornata che sancisce l’inizio del Carnevale Mamoiadino. Le due figure, entrambe di sesso maschile, seppur con abbigliamento diverso e apparentemente in contrasto, di fatto sono complementari, inscindibili e inconfondibili; esse rappresentano infatti l’immagine di un solo gruppo che è stato da sempre considerato dalla comunità locale patrimonio intangibile, unico e inestimabile. Il rituale inizia con la vestizione, che rappresenta la “metamorfosi” degli uomini in Mamuthones e Issohadores, un momento di intensa solennità. La vestizione rappresenta infatti un rito sacro e profano insieme: le varie fasi sono seguite con lo scrupolo e le modalità di una cerimonia religiosa, pagana, in un clima di mistero e suggestioni di tempi passati, ma allo stesso tempo non sono presenti aspetti tipici delle rappresentazioni religiose, quali la presenza di una figura guida che celebra da un altare. Tutti i componenti del gruppo, infatti, seppur con abbigliamento e ruolo distinto, sono alla pari. Il culmine della vestizione si identifica nel momento in cui i Mamuthones e gli Issohadores indossano la maschera, rispettivamente denominata “sa visera” e “sa visera ‘e santu”: è a questo punto che i componenti perdono identità e parola e si trasformano in esseri misteriosi. Il Prof. Bachisio Bandinu, noto studioso e antropologo isolano, al riguardo scrisse: “Le citate maschere pongono un’interrogazione perturbante e avviano un’analisi non canonica. Dicono un rito senza messa e senza testo da rappresentare. Negano la relazione con il volto e rifiutano qualsiasi significazione e interpretazione. Intercorre una differenza radicale tra rito come traccia e festa come cerimonia catartica. La maschera-rito è l’esperienza di una metamorfosi, la metamorfosi dice che un uomo diventa animale-dio”. Dopo la vestizione, il gruppo si appresta ad esibirsi in sfilata al pubblico.
MAMUTHONES
“La tradizionale maschera di Mamoiada, famosa in tutto il mondo.”
Dall’aspetto cupo e tragico, il “Mamuthone” indossa:
- “sa visera”, una maschera nera di legno con carattere antropomorfo;
- “su muncadore”, un fazzoletto in tibet (tipicamente utilizzato dalle donne locali) che ha la funzione di coprire il capo e viene legato attorno al viso;
- “su bonette”, il berretto;
- “sas peddes”, o “mastruca”, che ricoprono il busto e sono costituite da pelli di pecora (rigorosamente nera);
- “sos ‘usinzos”, tipici scarponi in cuoio:
- “sa carriga”, insieme di campanacci, tenuti insieme da cinghie di pelle, collocati sul dorso e dal peso rilevante (circa 25 kg):
- “su belludu”, completo in velluto, nero o marrone.
ISSOHADORES
“Inscindibile ed inconfondibile dai Mamuthones prende il nome dall’azione di lanciare la soha (fune)”
Dall’aspetto e movenze vivaci l’Issohadore indossa:
- “sa visera ‘e santu”, una maschera bianca, anch’essa lignea, il cui uso è stato reintrodotto solo nei primi anni ’90 in seguito ad un decennio di ricerche, e testimonianze di anziani locali;
- “sa berritta”, copricapo tradizionale in panno nero che viene ripiegato e tenuto fermo da un fazzoletto colorato legato intorno al viso;
- “su curittu”, una giacca in panno rosso;
- “sa ‘amisa”, camicia bianca senza colletto;
- “su pantalone biancu”, calzoni bianchi;
- “s’issallu”, uno scialletto piegato a modo di triangolo e legato in vita, pitturato o ricamato a mano con fili molto colorati;
- “sas carzas”, in orbace, che rivestono le scarpe fin sotto il ginocchio;
- “sa soha”, fune in giunco (anticamente realizzata in cuoio), abilmente intrecciata dagli artigiani locali. Sembrerebbe proprio questo termine a dare origine al nome “Issohadores”;
- “sos sonajolos”, una cintura in pelle lavorata a mano con intarsi di vario genere, con applicati dei campanellini o sonagli di piccole dimensioni, indossata in modo trasversale sulla spalla.
Il gruppo che si esibisce è generalmente composto da dodici a sedici Mamuthones che si muovono in due file parallele, uniti ad otto o dieci Issohadores, che li affiancano durante tutto il rituale della sfilata. A guidare il gruppo è un Issohadore che si differenzia dagli altri per l’avere in più una fune incrociata al petto con “sos sonajolos”. I Mamuthones danno vita ad una danza all’unisono, definita dall’antropologo Raffaello Marchi una “processione danzata”; essi si muovono con passi estremamente pesanti, producendo ad intervalli regolari, un particolare frastuono dando tutti insieme un colpo di spalla destra corrispondente all’avanzare del piede sinistro, seguito immediatamente dopo da un colpo di spalla sinistra simultaneamente all’avanzamento del piede destro. Inoltre, di tanto in tanto, ad intervalli regolari, compiono tutti insieme tre rapidi salti su se stessi. Differente è invece il movimento degli Issohadores, i quali si muovono con passi più agili e sciolti, con improvvisi slanci eleganti nel gettare “sa soha”, con la quale catturano donne o amici fra il pubblico. In questo modo, essi interagiscono con il mondo circostante, contrariamente ai Mamuthones che sono tenuti al mutismo, senza poter interagire con gli spettatori. Varie sono le ipotesi che sono state avanzate, ma nessuna di queste è stata confermata come teoria valida, per l’assenza di provata documentazione. Tuttavia il loro più intimo significato richiama il ciclo della natura.
